Gli incroci generazionali della pittura astratta
Tra diverse esperienze del linguaggio visivo, la collettiva intitolata «Il Canto e la legge- Luce e misura della pittura astratta», che sarà inaugurata stasera ore 18 allo spazio Zero 11, il laboratorio delle mostre del Liceo Artistico Statale Giorgio De Chirico a Torre Annunziata, si propone come una traccia espositiva che intende aprire riflessioni e domande. Attraverso i lavori di Renato Barisani, Enrico Cajati, Gianni De Tora, Carmine Di Ruggiero, Iperartista, Nunzio Figliolini, Vincenzo Frattini, Mario Lanzione, Guglielmo Longobardo, Salvatore Manzi, Angelomichele Risi, Domenico Spinosa e Ernesto Terlizzi, viene proposta la "linea astratta" del gesto dell'arte. Curata da Franco Cipriano nell'ambito della rassegna Percorsi Contemporanei, organizzata con la collaborazione di Carlo Mosca, Raffaella Barbato, Luisa d'Auria e Felizio Izzo (visitabile fino al 26 aprile), l'esposizione fa riflettere su colore e forma come forme principali del visibile. In un incrocio generazionale, con gli artisti proposti si attraversano le differenze dei linguaggi astratti della contemporaneità: tensioni espressive con accenti ora informali, ora strutturali. |
Liceo De Chirico/ IlCanto e La Legge della pittura astratta
Il canto e la legge. Luce e misura della pittura astratta, è la mostra, curata da Franco Cipriano per il ciclo "Percorsi contemporanei" (con la collaborazrone di Carlo Mosca, Raffaella Barbato e Luisa d'Auria e il coordinamento di Felicio Izzo) esposta dal 3 al 26 aprile allo spazio 011 del Liceo Artistico G. de Chirico di Torre Annunziata in Via V. Veneto, 514 (oggi alle 18, il vernissage). L'iniziativa, patrocinata dall'Accademia di Belle Arti di Napoli, propone aspetti dell'arte astratta a Napoli e in Campania, tra espansioni liriche e incursioni geometriche. L'intento critico è sottrarre l'astrattismo alla delimitazione cronologica per sostenerne il senso di prima matrice del gesto dell'arte. Pensare colore e forma come condizioni del visibile, nelle flessioni di segno, di materia e di superficie eccedenti ogni rappresentazione. Generazioni a confronto si offrono allo sguardo attraverso differenti linguaggi contemporanei. Scrive Cipriano nel catalogo: «La pluralità dell'operare manifesta nelle diramazioni di 'pensiero visivo' percorsi che si avvicinano e si allontanano, in un teso gioco di armonie, conflitti e dialoghi, dove astratto è anche lo sguardo che interroga se stesso in quanto interrogato dall'alterità delle opere», sottolineando come '' Pur nelle dlfferenze di visione, si aprono varchi verso il senso possibile dell'opera, più che delinearsi schemi concilianti dì codici regolativi o l'abbandono alle retoriche consolatorie dell'emozione.Tra moti lirici e trame analitiche, fino a concettuali spostamenli dissimulativi, in un incontro contrastante delle opere, in oblique rivelazioni dell' origine medesima della pittura ''senza immagini", il pensiero visivo lavora su se stesso». Tracce espositive per riflettere sull'universo di autori del nostro territorio.Gli artisti in mostra: Renato Barisani, Enrico Cajati, Gianni De Tora, Carmine Di Ruggiero, Nunzio Figliolini, Iperartista, Vincenzo Frattini, Mario Lanzione, Guglielmo Longobardo, Salvatore Manzi, Angelomichele Risi, Domenico Spinosa, Ernesto Terlizzi. |
Nel tempo, oltre il tempo
Nei linguaggi dell'arte si formano e deformano percorsi, si trasformano nel ri-formarsi, in un labirintico incrociarsi di sentieri della ricerca in opera e della riflessione sul senso dell'arte medesima. Tra espansioni e contrazioni, il movimento dell'arte si fa esso stesso temporalità dell'essere e suo spazio poietico. È territorio conflittuale, seminato di dissidi e diaspore, dove le opzioni di linguaggio non sono neutrali e inermi scelte ma strategie di alterità conoscitiva del gesto dell'arte che si destina all'ulteriorità del mondo. Se le decisioni dell'espressione hanno la forza di un atto costituente dell'opera allora il linguaggio è legge che si rivela, che regola il gesto indirizzandolo pur anche alla sua negazione. "E invece poni mente: che vi sia una Legge: ciò dovresti salutare quale miracolo ! E che vi sia chi si ribella non è che trita banalità" scrive Arnold Schonberg, con radicale intento fondativo dell'opera come linguaggio nascente. Che vi sia legge significa che l'operare si determina nella sua possibilità. Avendo cominciamento può prodursi nel suo divenire, nel tempo, proiettandosi oltre il tempo. Una misura dello spazio del visibile la quale è riflessione stessa del gesto artistico intenzionato al proprio oltrepassarsi in altri successivi, ancora controvertibili gesti. E nella radice regolativa dell'opera che si dà astrazione, il rifuggire da ogni legislazione del reale apre alla legge 'necessaria' del poiein, non idealisticamente autonoma ma dialetticamente presente come altro del senso. E qui che la geometria è la materia ideale del fondamentale svuotamento della rappresentazione. Per Platone allegoria ideale dell'intellegibile. Le forme geometriche pura costruzione intellettuale, non sono immagini di realtà fisiche, sensibili, nella natura hanno solo accidentali mimesi. Dall'origine speculativa della geometria l'arte trae la dimensione anti-rappresentativa, ove l'astrazione è flusso di sondaggio delle forme in quanto risonanti del loro possibile diventare altre forme, altre organizzazioni, dove la legge s'incarna nelle proprie modificazioni, nella medesima sua instabilità. Persino dove la forma si fluidifica o si de-compone e si materializza in luce materica. Del resto già nel cubismo analitico-sintetico la forma rompe la connaturazione rappresentativa, pur nella radice della soglia - cezanniana - che altera il reale nelle profondità di altre visioni. dove le cose spariscono 'nel canto' del colore e del segno. In un incrocio generazionale - che si espone con Barisani, Spinosa, De Tora, Cajati, Di Ruggiero, Longobardo, Risi, Lanzione, Terlizzi, lperartista, Figliolini, Frattini e Manzi - si attraversano le differenze dei linguaggi 'astratti' nella prismatica indeterminatezza della contemporaneità. Estraneo a ordinamenti stilistici, tessuto in risonanze e renovatio della ricerca storica, si delinea il filo rosso della tensione tra espressione e costruzione, in accenti ora informali ora strutturali. Nella astrazione flessibile, non canonica, che informa le opere degli artisti in mostra, non emerge una precostituita separazione tra luce, materia di colore e forme/spazi di geometria. Le polarità, pur originariamente presenti, si destabilizzano incrociandosi nel percorso di ricerca di ogni singolarità e concretamente nel corpo delle stesse opere. L'opposizione tra forme e segno, tra spazio e tempo, tra pensiero e materia interagisce nel corpo dell'opera. Dove il colore arde di energia, di luce e segno, si manifesta in spazialità aperte, mutanti ma strutturanti, quando le forme si ritagliano nelle figure geometriche si spezzano e si dilatano, come a cercare immagini del loro stesso dubitare. La pluralità dell'operare manifesta, nelle diramazioni di "pensiero visivo", percorsi che si avvicinano e si allontanano, in un teso gioco di armonie, conflitti e dialoghi, dove astratto è anche lo sguardo che interroga se stesso. In quanto interrogato dall'alterità delle opere, in un circolo di opposizioni e consonanze, l'ambivalenza di linguaggio, che percorre il corpo esposto delle opere, è sospesa in risonanze di canto e legge, tra luce e misura, fino a ironie comportamentali. Nessun ideale rigore, nessuna indiscutibile certezza abita i territori dell'astrazione come interrogazione dell'arte, né nei versanti delle forme né in quelli del gesto, fin dalle origini 'riflessive', tra Kandiskij, Malevic e Mondrian, sino all'espressionismo astratto americano e all'informale europeo. Incrociati l'uno all'altro - la materia, il segno e la forma - sono la trama-matrice dei linguaggi dell'arte. Ogni opera è astratta, in questo senso. Eccede il mondo e "fa mondo". Si arrischia in singolari quanto cruciali esperienze del pensiero che agisce come segno, "immagine del segno", come fenomenologia persistente del manifestarsi del visibile, altra da un'accezione storicistica ed evolutiva. Nelle differenze di visione, si aprono varchi verso il senso possibile più che delinearsi schemi concilianti di codici regolativi o l'abbandono alle retoriche consolatorie dell'emozione. Tra moti lirici e trame analitiche, in concettuali spostamenti dissimulativi, in un dialogo contrastante delle opere, in oblique rivelazioni dell'origine medesima della pittura "senza immagini", il pensiero visivo lavora su se stesso.
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